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BIELLA ‘900 IL SEQUEL

I due Giroli Biella Novecento, non hanno avuto l’attenzione che meritano, ma, lo sappiamo dalle Favole Italiane di Calvino, quanto sono testardi i Biellesi Gente Dura, e io non demordo. Agosto 2022, mi dedico a nuovi giroli, approfittando del clima mattutino (dalle 6 alle 8): fresco perché il Biellese beneficia delle montagne, deserto e silenzioso. A piedi, ovviamente: due giroli molto urbani, nel centro e dintorni; un terzo girolo fuori le mura, nel circondario, a Cossila e Chiavazza. A Chiavazza vado in cerca di un De Bosis sul muro, segnalato da Massimino Scanzio Bais negli anni ‘60: non lo trovo e mi consolo con la Parrocchiale che sembra una scenografia barocca, insospettabile. A Cossila Capoluogo, San Grato, scopro un “borgo” altrettanto inatteso. L’ispirazione dei miei Giroli Biellesi è fotografare il Ferro Battuto: alle finestre, ai balconi, sulle scale e nei cancelli, un filo rosso che serve a guardare dove di solito si tira dritto. Naturalmente c’è un filo rosso anche con la Biella ‘900, perché molti di questi ferri risalgono ai primi anni di quel Secolo e alla fine di quello precedente. Non solo: spesso fanno pendant con l’Eclettismo Storicista e con l’Art Nouveau (o Liberty o Modernismo) che hanno lasciato nelle nostre cittadine minori tanta roba. Spesso il ferro si abbina al vetro piombato: verande chiuse e bow window (i bovindi) a mezzo esagono, che arricchiscono le facciate di case mono familiari (ville) o di case d’appartamento (condomini). Spesso si accompagna, il ferro, a fregi decorativi “a fresco” o in maiolica: coronano i fori finestra, i portoni o il cornicione sottotetto; sono eleganti immagini floreali (tipiche del Liberty) o figure geometriche o stemmi e scritte in latino. A volte il decoro ridonda: figure umane ed arboree, di pietra o gesso, avvinte a facciate, balconi, finestre, portici e frontoni; sostengono o fingono di sostenere gli sbalzi. Qualche edificio, restauratissimo, risplende oltre misura (via Repubblica angolo viale Matteotti); qualcun altro è rosicchiato dal tempo e dall’incuria (via Italia angolo San Filippo), senza pietà. 

Figure umane ed arboree, di pietra o gesso, avvinte a facciate, balconi, finestre, portici e frontoni; sostengono o fingono di sostenere gli sbalzi.

ALLA SCOPERTA DI:

FACCIATE SFACCIATE

Ho lavorato con la Burocrazia 40 anni, a prevedere gli effetti che avrebbero avuto leggi e regolamenti o a valutarli ex post: magari con sofisticati modelli statistici e metodi what if. Devo riconoscere al Bonus Facciate del 2019 un merito visibile “ad occhio nudo”, anche se non vuoi. Biella, ma l’ho notato a Mortara, Santhià, Busto Arsizio e Tortona, esibisce sfacciatamente il risultato del Bonus. Sarà poco, per le nostre eredità patrie, ma è il contrario di una “patrimoniale”, ha dato decoro alle città “normali”, non turistiche e ha messo in valore i beni privati di chiunque. Non era a questo che pensavo, quando ho meditato sui giroli biellesi, ma la Burocrazia mi è venuta incontro, perché effettivamente (anche) Biella risulta più godibile, così riforbita e sottolineata. Ho voluto mettere anche l’immagine di un palazzo recente, fine anni Cinquanta, che ha utilizzato il Bonus per il restyling di facciata: è bastato uniformare il colore (total white) e ritoccare le rughe, per avere un effetto elegantissimo e leggero, con beneficio sull’intero rondò, nel cosiddetto Quartiere degli Affari. E bravo Franceschini!

Metto in fila, senza pretesa di indirizzo civico (anche per non urtare i proprietari, ‘as sa mai), quello che ho fotografato camminando: filo rosso il ferro battuto, con varie concessioni agli elementi intorno, vetri, fregi e decori. Quello che scrivo sono appunti, pro memoria: ho fatto ricerche una volta tornata a casa, in base a qualche personaggio, luogo o data, poca roba. Purtroppo non ho ancora cercato in Biblioteca libri sul Novecento Biellese (qualcosa su biellaclub.it). Ma ci vorrebbe una bella “carta urbanistica” storica, quelle che si redigono per i Piani Regolatori, con i periodi dei diversi edifici, magari a partire dal Piano Beruto del 1877: il mio filo rosso si svolge a partire da quel periodo. In Comune ci DEVE essere. Il fatto che entrambi i giroli (due ore ciascuno), finiscano in gloria, al Duomo, è probabilmente un richiamo del destino: così posso fotografarlo con una luce che lo valorizza, facendo apparire la decorazione neo-gotica a due colori, come un ricamo di ombre; è aperta anche la Sacrestia e posso finalmente vedere i Giovenone (Girolo Giovenone e Masolino) e notare dettagli di tele già viste. Non mi entusiasma il Duomo di Biella, ma queste visite mattutine me lo fanno rivalutare. La cancellata del portico merita sicuramente di entrare in una short list, il cui primo posto va a Villa Vialarda: per ora supera quella di Villa Reda Eclettico ridondante in via Mazzini.

TRIPOLI, TORINO, MATTEOTTI, REPUBBLICA, MARCONI

Via Tripoli esibisce un paio di case singole ‘900, ben conservate. Ma il blocco più interessante è quello delle Case Popolari IACP del 1929 attribuite all’intervento di Giuseppe Ottolenghi, già Generale emerito e quindi Ministro della Guerra, nonché “verace amico degli umili buoni”. Così lo ricorda la targa, posta all’ingresso della corte interna. Non si può dire sia bella architettura, ma sicuramente rappresenta un esempio di politica urbana e sociale, nella Biella Fascista. Sui lati stradali esibisce decori a mattoni rossi su fondo giallino o bianco, con logge coperte; un mesclùn di elementi neo romanici e modernismo senza fronzoli; all’interno della corte mantiene i canoni delle tradizionali case a ballatoio piemontesi e lombarde. Faccio via Sant’Eusebio, svolto in via Torino, verso nord: la mia amatissima ex Lancia fronteggia un caseggiato Novecento in mattoni, con bovindi bianchi e fregi geometrici, color ruggine e zucca, un classico. Lo Stile Eclettico Storicista è molto presente nelle adiacenze di via Torino (Piave, Zara, Trieste, Fiume), in tutto il Borgo San Paolo, quartiere dove vivevano i miei Nonni Miglietti. Su via Torino c’è la facciata  novecentesca della ditta Foscale (fornaci o legnami?), di fronte ad una piccola villa suburbana con bei cancelli, confinante proprio con la casa di appartamenti dei miei Nonni, angolo via Bengasi. Dalla parte opposta, angolo via Tripoli, c’è ancora l’ex ACNA, dove il marito di Delfina, Luigi Miglietti, aveva il suo studio di Direttore: casa e bottega, Bengasi, Tripoli, ehia ehia alalà. Supero viale Lamarmora e arrivo alla Fons Vitae, Fontana del 1936 (anno della visita del Duce a Biella), con i bronzi di Gino Piccioni e raggiungo lo stabile più decorato di Biella, che è diventato una vera torta nuziale, giallo crema e bianco chantilly; dicono sia in puro Liberty Floreale e mi fido. Poco oltre, scendendo via Cernaia, decade senza pietà una facciata bellissima, color biscotto, decorata da mezzi telamoni che sbucano da foglie di acanto: un albero vero, che potrebbe essere di Syringa, è cresciuto (dal 2018 ad oggi), rigoglioso tra le macerie, come vera provocazione vitale. Via Repubblica vanta facciate bonificate o in corso di maquillage (Palazzo Righetti, 1934), diversi ferri battuti e decori. Svolto in via Marconi che non è da meno, con una cospicua dote di ringhiere, finestre e vetrate, fregi. Fino all’angolo con via Ravetti, dove tornano i decori a laterizio, come nelle Case di Ottolenghi per gli “umili buoni”: direi però che questo immobile non sia popolare (forse è nata come Sede di Qualcosa). In via Orfanotrofio c’è una facciata di Chiesa in laterizio (Settecento?), che forse apparteneva al Convento di Santa Caterina, da cui ebbe origine il “ricovero per figlie orfane e svantaggiate” voluto dall’avvocato Ravetti (Settecento) e dove si sarebbero formate le operaie “passafalle”, le rammendatrici frammentidistoriabiellese.it. 

SELLA, MICCA, BATTISTI, CAPPUCCINI, COSSILA

Passato S. Biagio e l’Istituto Tecnico Industriale Sella (1934), superato l’angolo medioevale di Piazza Cossato, la via Sella, col suo bel acciottolato carraio, ha qualche cancello importante; passato S. Sebastiano, salgo per via Micca dove noto la cancellata della Posta. Supero Torre Littoria ed ex ONB ora Biblioteca (Girolo Biella ‘900) e imbocco viale Battisti colpita dalla casa d’angolo con via Cavour, che ha notevoli bovindi, pensiline e decori a finestre e balconi. La vera sorpresa è però una ciminiera, perfettamente restaurata, che resiste dentro un chioso residenziale. Quasi certamente è riferibile ad un ex stabilimento, che intravedo in parte dalla via Germanin, oltre il parco di una villa (con bei ferri battuti). La Salita dei Cappuccini accontenta le mie ricerche: facciate, cancellate, finestre fino a sbucare sotto la collina che ospita Villa dei Faggi e Villa Vialarda, restauratissime. Da lì fotografo i campanili di S. Sebastiano e S. Filippo, Biella come fosse Praga. Mi merito un caffè con croissant nel Bar, insieme agli Spazzini, gli unici in giro oltre a me, alle 7 di Ferragosto. Soddisfatta, rollo a valle, di nuovo in Riva dove degrada senza pietà la casa adiacente all’ex Teatro Villani, fronte ex Pasticceria Ferrua. Quanto ex c’è nella ex Capitale della Lana, accidenti!! Chiudo in gloria, al Duomo. Sulla Piazza, lastricata e illuminata ex novo (molte polemiche, a me piace) fotografo la Prevostura, mia passione dagli anni Ottanta quando era rosa e quasi perduta: ora è perfetta e gialla; all’angolo opposto, su via Seminari, c’è il palazzetto Eclettico, un’icona dello Stile. Un ultimo nodo al filo rosso del ferro battuto, lo trovo per caso a Cossila San Grato. Due case signorili lungo la Strada Vecchia per Oropa: una, ristrutturata in modo impeccabile, esibisce un bovindo vetrato di rango urbano; la seconda vanta elementi raffinati: una lunga veranda con volti scolpiti sugli arconi; ingresso elegante con pensilina; finestre inferriate sulla piazza. Di fianco la Scuola e di fronte la Società Operaia; rialzata sul quarto lato una seconda Piazza con Chiesa e Oratorio (San Grato e San Rocco) di qualche secolo precedente. Un nucleo storico, i cui protagonisti coabitano: le Dimore Borghesi, le Case dei Santi, la Sede degli Operai, la Scuola per Tutti.