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FERRERO FIESCHI A MASSERANO

Stefano ha detto “come mai non mi avevi mai portato qui?!”, apprezzando senza riserve il centro storico di Masserano, largamente porticato e le diverse piazze con chiesa, a cominciare da quella dello Spirito Santo, che si incontra entrando in paese, se si sale dalla SP230. Effettivamente Masserano è insospettabile e bisogna volerci arrivare, lasciando la retta via tra Biella e Gattico, SR142 (Girolo Campi Raudi); poi bisogna passeggiarci a piedi, un’oretta, pigramente come un gatto.  Ci sono alcune strade con portici e acciottolato, una Società Operaia d’antan, due Chiese importanti. Oltre -naturalmente- al Palazzo Ferrero Fieschi,  detto dei Principi. Nell’estate del 2019, prenotando, ho assistito ad una visita guidata speciale, da parte del gruppo di attori Teatrando (di Biella). In particolar modo mi hanno fatto apprezzare la Ancona Tiberina , la Sala dei Segni Zodiacali e il corridoio decorato a stucchi. La Chiesa di San Teonesto, da cui proviene l’Ancona, è fuori dalle mura ed ha una facciata insolita, di essenziale eleganza. Direi che ricada nel territorio comunale di Masserano -nella sua parte a valle- una chiesa interessante: la Pieve di San Giacomo in Bosco, che insiste sulla rotonda verso Biella. Difficile notarla, se non con particolare occhio: è in stato di riprovevole degrado e priva di segnalazioni; entrando di straforo nella corte adiacente, si ha la sensazione di violare una abitazione privata, chissà se sono loro i proprietari della Pieve, sicuramente spretata. Forse è già in territorio di Brusnengo una seconda Pieve, di Santa Maria dei Cerniori (dove cernivano le pecore), risalente al medioevo e in qualche modo restaurata, forse ha degli affreschi all’interno (di Pietro da Bioglio?) ma è sempre chiusa e si nota solo un affresco a lunetta, sotto il pronao.  Dice un libro sul Biellese che ci morì il Bajardo, celebre Condottiero, nel 1524: ma anche questo è incerto e pochissimo noto. Ho la foto di un’altra chiesa, una pieve, perduta tra le boscaglie di Masserano, girolando per improbabili deviazioni, nella ricerca della Diga: alla quale non sono riuscita mai ad arrivare. Poi c’è una Chiesa massiccia, il barocco piemontese in laterizi, che attribuirei a San Bernardo: sul colmo di una collina, in mezzo a cascine e villette. Andando verso Brusnengo, poi, si incontra il Cimitero che ha una propria Pieve, niente di che, ma dignitosa. Insomma, come avevo notato nel Girolo Madonne Bianche il Principato dei Ferrero Fieschi, protetto con varie Bolle dal Papato, ha lasciato un cospicuo patrimonio di luoghi sacri e pitture. 

ALLA SCOPERTA DI:

BASNENG

Il paese che più di tutti mi è simpatico, nella zona tra Gattinara e Cossato è Basneng cioè Brusnengo.  Il capoluogo del comune è attraversato da una lunga via sinuosa, via Libertà, che sfocia nella Piazza Matteotti: è fiancheggiata da vecchie case senza portici e vi conduce alla Chiesa principale, la Collegiata, color crema pasticcera (quella di Masserano è a righe, crema e pistacchio). Vi dico le cose notevoli di Brusnengo, secondo me:

  1. la Ferramenta, un grande emporio con le scaffalature originali e due Donne come gestori; fornito di Qualunque cosa (sta cedendo l’attività a fine 2021, forse le due Donne si son stufate)
  2. la Collegiata di piazza Matteotti dedicata alla Natività della Vergine, barocca fuori e dentro, ma senza strafare, con una Madonna d’Oropa (Nera). Dalla piazza della chiesa guardando verso nord si vedono vigne (di Bramaterra), così ordinate da sembrare quelle svizzere di Basilea
  3. alta frequenza di bikers, che si trovano alla Ferramenta, al Bar del Toro lungo la SS 142 ed al Festival di Beltane (celtico)
  4. il Mesolone Barni, mio rosso prediletto (collina della Mesola)
  5. una chiesa color crema pasticcera, barocca, dedicata a San Bernardo di Mentone, in frazione Caraceto
  6. la Baraggia, oltre la Statale 142, verso sud (Paesi d’Agogna, Rovasenda, Carpignano Sesia). Delle baragge vi ho detto nel Girolo Campi Raudi: questa parte, riferita al Fiume Sesia è per lo più piatta, diversamente dalla parte riferita al Torrente Cervo (tra Candelo, Mottalciata e Castellengo) che è un altopiano baraggivo. Entrambe hanno come orizzonte l’arco alpino e simili colori “da savana”.

CELTI E AFRICANI

Mi avvertono di non cercare Curino, perché non esiste: il Comune è l’insieme di frazioni, organizzate lungo le strade tortuose che salgono da Roasio, da Masserano o Brusnengo, verso Sostegno. Incontro Rongio, poi un originalissimo Parco delle Farfalle (diurne) a Gabella e poi un Parco Arcobaleno a Cacciano: mi pare di aver capito che sono tutti ex cave, rinaturalizzate  e già questo sembra positivo. Nel 2019 ho attraversato un Festival Celtico detto di Beltane (festa della rinascita della Terra), pieno di bikers. Una deviazione indica le Rocce Rosse, che stanno diventando una mia ossessione: dovrei lasciare l’auto e inoltrarmi alla ventura. Tirando dritto, arrivo a San Martino dove c’è la Casa Comunale, minuscola e di fronte a lei, nell’isolamento più totale, una Chiesa graziosa, giallo rosato, vagamente sbiadita, con portico a capanna, secondo l’uso. Sono le 18.30 e mentre i bikers inneggiano ai popoli Celtici, con birre a triplo malto, io sono perfettamente sola, nel silenzio dei boschi: Beata Solitudo, Sola beatitudo. Tornando indietro, sulla destra intravedo una osteria, oggi chiusa. Mi ricorda vagamente il posto di Curino dove i miei genitori venivano a mangiare la Fondue Bourguignonne che ai tempi (anni Sessanta) non era assolutamente conosciuta nelle nostre zone. Forse a Curino, già coltivavano le reminiscenze celtiche e della Burgundia. Il paiolo magico dei Druidi era diventato un tegame casalingo posato sul fuoco vivo, nel quale ognuno metteva a cuocere in olio sfrigolante i propri bocconcini di carne cruda. Cotti che fossero, si intingevano in una delle salse, utilizzando un apposito piatto a scomparti. Insolito, divertente e buonissimo. Torno nuovamente sulla retta via, la SS142, a Roasio, dove si pavoneggiano alcune belle ville Liberty dei migranti di ritorno, detti gli Africani (andavano a lavorare in Rhodesia, Congo, Nigeria e Ghana). Ne ho guardate in vendita online e ci sono interni d’epoca insospettabili, davvero eleganti: tramezzi di legno, vetri piombati, armadiature a parete, bow window e ferri battuti. Un’altra deviazione, sale a Santa Maria, ennesima frazione di Roasio, dove è sito un Santuario di Santa Chiara, piuttosto maestoso, per questo luogo fuori dal mondo, praticamente deserto. Rigorosamente chiuso, il Santuario resterebbe un mistero se non ci fosse il web: pare si tratti di un ritiro per la meditazione e l’esercizio spirituale, gestito dalla Sorelle Clarisse ed attrezzato di tutto punto per il soggiorno dei fedeli. Questo spiega lo stato ineccepibile della manutenzione e la ragione di un luogo tanto curato quanto sperduto. Beata Solitudo, Sola Beatitudo. Io, faccio come Ponzio Pilato: riporto sia il sito di beltanefestival.it che quello viaggispirituali.it e mi lavo le mani, che fa bene anche contro il Covid. Non voglio schierarmi nella scelta delle Religioni: non scelgo tra Sorelle Clarisse e Fratelli Druidi. Invece, mi schiero sulla scelta dei vini, visto che sto girolando nel cuore delle Coste della Sesia, al confine con le Colline Novaresi. Dichiaro che i miei prediletti sono il bianco Doranda, Erbaluce delle Tenute Sella di Lessona ed il Mesolone Barni, che viene prodotto esclusivamente in questo limitato podere a Brusnengo. Qualcuno lo ha descritto come “raffinato figlio di Bonarda e Nebbiolo, di antica virtù, saggio e contegnoso, signorile”. Condivido e per quel poco che capisco, aggiungo che il Mesolone assomiglia al Bramaterra, altra meraviglia, e all’Orbello che sono anche nomi di frazioni. In una c’è perfino un Museo dell’Emigrazione, quella degli Africani. 

ILARI TESCHI

Nel 2021 mi sono accanita attorno alle cosiddette Rive Rosse: ho trovato la frazione di Cacciano, dove viene segnalata una Fontana come luogo turistico. Mi avventuro tra i boschi (per una decina di minuti) e trovo un sito poetico, in cui la Fonte funge anche da Lavatoio, mon amour. Devo però confessare che mi piace di più una seconda piazzetta di Cacciano, dove arrivo riprendendo l’automobile, nemmeno un chilometro, in una direzione che mi sembra potrebbe portare alle Rive Rosse: ormai un miraggio. C’è una Chiesola, sulla cui facciata è dipinto un simpaticissimo scheletro, con un “memento” scritto sul libro aperto: non ridere di me, dice, perché se volto la pagina…….sottointeso son dolori, ma la scritta è mezza cancellata e mezza in un latino italianizzato improbabile. Proseguo coraggiosamente, lungo stradiole improbabili e raggiungo un bivio: da una parte c’è un Lago di Cacciano, invaso di una ex cava, circondato di piante (assomiglia ai Lagoni di Mercurago, Girolo Campi Raudi); dalla parte opposta raggiungo due insediamenti industriali (ancora attivi?) nei quali è severamente vietato entrare, ci sono sbarre abbassate e minacciosi operai. Forse dalle proprietà di Cava e forse soltanto a piedi, si arriverebbe alle Rive Rosse, ma non oso chiedere e nemmeno avventurarmici. “Anziata trovata morta alle Rive Rosse”: meglio lasciar perdere. Non vorrei mai che l’ilare scheletro di Cacciano, avesse voluto ricordare qualcosa proprio a me. 



Non ridere di me, dice, perché se volto la pagina…….