BASSANO PONTE E DA PONTE
MENO INTERNET PIÙ CABERNET
Dopo i primi due mesi di completa clausura, marzo e aprile 2020, l’ispirazione incendiaria era ANDARE, poco importava dove: la Meta è Partire. Dopo le prime timidissime sortite, vicino a casa, a piedi, il 13 maggio ho deciso che sconfinavo con l’automobile. Tappata dentro, da sola, come in una navicella spaziale, col desiderio di cambiare paesaggio: uscendo dal mio tinello e dagli schermi di PC e TV. Avevo studiato, nei libri, che esiste un tipo di turismo definito driving: si guida attraverso paesaggi che meritano di essere visti, senza avere voglia (o magari, la possibilità) di pedalare o marciare, sportivamente. In questo tempo virale, il driving ha anche il vantaggio, decisivo, di proteggerci: se viaggiamo con qualcuno/a convivente e scendiamo a fare quattro passi dove non c’è gente, siamo quasi al sicuro e non impestiamo gli altri. Non avevo una meta e andando verso Padova, ho deciso di imboccare la strada lungo gli argini del Brenta, verso Nord. Sono approdata alla Villa Contarini di Piazzola, nel magnifico scenario di Piazza Camerini. È stato un vero premio per la clausura osservata. Per fortuna il Veneto è vario e generoso e bere i suoi vini rossi, dentro i suoi scenari, fa molto molto bene dopo mesi di Internet.
ALLA SCOPERTA DI:
PIAZZOLA SUL BRENTA VILLA CONTARINI
Villa Contarini di Piazzola sul Brenta gode di una meritata fama e, vale la pena di prenotarsi una visita per girolare all’interno. Stupefacente è l’arrivo nella piazza porticata antistante la facciata, Piazza Camerini, che nessuno sospetterebbe mai, alla fine di una strada anonima, di paese qualunque (succede lo stesso a Badoere). In questo spazio, nei tempi normali, si svolge il Mercatino di cose d’altri tempi, che dicono sia il più grande in Europa. Noi ci siamo stati, a metà anni Novanta, con mia sorella e mio cognato. A maggio 2020 ci arrivo nel tardo pomeriggio, dopo aver guidato lungo le Alzaie del Brenta, da Limena. Il parcheggio è deserto, non posso nemmeno sfruttare il disco orario sempre con me! Qualche bottegaio sta pulendo per la riapertura, dopo due mesi di “serrata”. Il bar sotto i portici ha vistosi segni di una serata precedente, con i contenitori zeppi di bottiglie e lattine vuote. Il Veneto che beve si sta riprendendo e se non ha mai smesso di bere in casa, adesso torna trionfante a farlo in piazza. Due anziani, pacificamente seduti all’aperto con le loro mascherine a posto, conversano mentre i camerieri si preparano ad una nuova happy hour, di liberazione. Meno Internet, più Cabernet. Nell’estate del 2021, Stefano ed io facciamo sosta allo stesso Bar (Civico 44), dove farciscono i croissant vuoti a vista. Anche questa colazione, sullo sfondo la Villa Contarini, è un regalo del Veneto DOC: un ottimo viatico verso la nostra destinazione, che è Bassano del Grappa.
BASSANO IL PONTE
Di Bassano avevo un ricordo vago: il suo Ponte degli Alpini, con le coperture di legno come quello di Lucerna, più o meno. C’è una fotografia di me con Stefano, che daterei a metà anni Novanta. Qualche strada tortuosa, qualche palazzetto veneto, qualche bottega di ceramiche o di grappa: niente di particolare. Per esempio, avevo rimosso che Bassano fosse dotata di Mura e che dal Ponte si vedesse un Castello! A San Martino 2020 è tutto chiuso e deserto, a causa del Covid. Una squadra di restauratrici, in tuta bianca, è all’opera sul Ponte: sta dando alle colonne della balaustra un color rosso sangue di bue decisamente vistoso. La Targa sul muro testimonia, in latino, che dopo la inaudita alluvione del 1748, il Ponte venne ricostruito sotto la cura di tali Ferracina, Renier e Scudellari; sarebbe poi stato rifatto altre 2 volte, nel 1821 e dopo il 1945, sempre fedele al disegno palladiano. Leggo sulla Guida Rossa del TCI che persino il disegno urbano dell’intera Bassano viene attribuito ad Andrea Palladio. Girolo sotto i portici e passo di piazza in piazzetta, tra case ben restaurate, qualcuna affrescata.
REMONDINI E DA PONTE
Nell’estate del 2021 decido di tornare con Stefano a Bassano, e vedere Palazzo Sturm (che è a due passi dal Ponte), sede della Collezione Remondini: una stamperia che nel Settecento esportava in ogni dove immagini di limitato valore ma di gran successo, con un sistema stupefacente di ambulanti prezzolati (i tesini), originari di Tesino un paese in Val di Brenta. Il Palazzo è molto bello, ha un sistema di terrazze sul Brenta da cui si gode bel panorama. La vera sorpresa è il Civico Museo, nel Chiostro di San Francesco, in Piazza Libertà: una collezione superba, non solo per i dipinti della Famiglia Bassano (i Da Ponte), ma per una ricchezza di opere medievali e gotiche inattesa (da me) tra cui il Crocifisso del Guariento, un capolavoro. Questi interni bassanesi ci affascinano, ma gli esterni urbani non sono da meno: tutto il centro storico di Bassano è un unico salotto, pedonale e arredato di tutto punto come una grande sala da chiacchiera. All’ora dell’aperitivo, il brusio è diffuso, una brentana (piena di fiume) di alcool lo accompagna, le luci del tramonto completano una specie di sinfonia. Forse i posti all’aperto imposti dalla Pandemia hanno accelerato e consolidato un sistema che era latente; forse molti turisti italiani, veneti, invadono le loro località invece di quelle estere. Si sta benissimo.
Il centro storico di Bassano è un unico salotto, pedonale e arredato di tutto punto come una grande sala da chiacchiera
LA MODERNITÀ DEI MAESTRI
Ritrovando Jacopo da Bassano, nella sua città natale, non posso non richiamare alla memoria un suo Disegno, che mi ha folgorata a Francoforte nel 2019: c’era una Mostra dedicata al Rinascimento Italiano, con netta dominanza dei Veneti che pullulano nelle collezioni sul Meno. Nemo profeta in patria, recita il proverbio: lo schizzo esposto a Francoforte era di una bellezza assoluta, ma soprattutto così contemporaneo da stentare a credere che tanta sintesi e tanta essenzialità di tratto e colore, venga dal Cinquecento. Tanto più che la prerogativa dei Veneti è quella di NON disegnare, prima di dipingere. Ed ecco questa figura (uno studio per la Deposizione), non importa se maschio o femmina, individuata da qualche tratto di carboncino e da un’unica macchia rossa come veste. Meravigliosa. Non meno stupefacenti trovo a Bassano degli schizzi del Canova (altro Maestro Veneto, di Possagno): danzatrici, rappresentate con tratti di pastello monocromo, del tutto distanti dal garbo classicista delle sue sculture e bassorilievi. Sono mosse, quasi elettrizzate: linee di puro movimento. Viene da pensare ad una ricerca Futurista, schizzi di Balla per il Bar Tic Tac del 1921; oppure bozzetti di Pina Bausch per il Tanztheater, nel 1973. Mai classificare un Maestro per quello che più si conosce: il Talento riserva lati anomali e sorprendenti. Ed è sempre mooolto avanti, anche di secoli.
IL VENETO REGALA
Penso che il Veneto sia veramente un compendio stupefacente di bei luoghi. Mi sembra che la regione abbia metabolizzato “villette e capannoni” del grande boom economico anni Ottanta, e stia riportando in primo piano i propri borghi, le cittadelle, le mura, i palazzi e le ville, le colline e i profili delle montagne, il corso dei fiumi e la trama dei canali. Forse negli anni Ottanta, ho viaggiato poco e guardato con gli occhi dell’Urbanista, che vedeva gli scempi; adesso, le malefatte edilizie, mi cadono dietro la rètina, sfocano, e lasciano lo sguardo pieno di scorci mirabili. È un effetto astinenza, dovuto alla pandemia? È come se i monumenti, anche i minori, fossero disposti ad arte, in un paesaggio giocattolo: pronti a stupire chi girola. Forse sono io che invecchio, e voglio riempirmi lo sguardo delle bellezze, perché per le brutture non ho più tempo. Mi sembrano belle persino le parrocchiali di paese, ognuna inesorabilmente una variante neoclassica, con le colonne più o meno affogate nelle facciate (o son lesène o son paràste) e il timpano, presidiato da santi pazientissimi, che fissano lo stesso orizzonte da sempre, impietriti. Il Veneto ci regala una Villa sconosciuta (da noi). Nel minuscolo borgo di Cartigliano, un vasto compendio con la dimora padronale dei Cappello, del tardo Cinquecento, con grande loggia ionica e attico frontonato; il prato, le barchesse, gli annessi rustici. Ma, non basta. Usciti dal compendio, nella piazza del paesetto, di fianco ad un bel Bar dove ci rifocilliamo al fresco dell’aria condizionata, c’è una Chiesa parrocchiale, che conserva un tesoretto di decorazioni, di affreschi dei Bassano (Jacopo e figli) e una Pala di Bartolomeo Montagna. Non ci fossero bastati i Musei di Bassano, abbiamo un rabbocco di figure corpose e colorate (senza disegno!), di paesaggi sullo sfondo, con torri, grotte, boschi e luminosità verdoline. Devo riconoscere che la Madonna del Montagna è più bella delle mie Madonne Bianche biellesi, onore ai Veneti! Scherzi a parte, Stefano ed io abbiamo notato tante volte che la cultura artistica di un periodo, non si è diffusa ovunque, dai centri in cui è maturata e concentrata: molti artisti periferici dipingevano “in ritardo” rispetto al proprio Tempo, l’informazione viaggiava lenta. Non avevano Instagram.