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PIOMBINO E RIVIERA DEGLI ETRUSCHI 

All’imperdibile Baratti mi ha introdotta la mia amica Laura, la quale nata triestina e naturalizzata veneziana, lungamente fiorentina, ha frequentato con le amiche questo posto poco noto del litorale toscano, a sud di Livorno e a nord di Piombino. Poco noto, se non agli archeologi che conoscono bene la zona di Populonia scavi, grazie ai cui vincoli (estesi a tutta l’area di potenziali ritrovamenti) il Golfo è rimasto intatto, com’era ad inizio Secolo XX, con insediamenti quasi nulli e turismo forzatamente rispettoso. Oltre al vincolo archeologico, la zona è stata difesa dalle grandi proprietà terriere nobiliari, che si sono spinte, se proprio proprio, ad affittare per le vacanze alcuni casali o pertinenze agricole delle loro Dimore, sparse tra i campi, boschi e vigneti. Proprio lì, Stefano ed io abbiamo trascorso alcune estati a cavallo tra Ottanta e Novanta, scoprendo quel tratto intonso di litorale, facendo vita da scoglio, andando ai Bagni termali di Venturina e a prendere l’aperitivo a Castagneto Carducci, Bolgheri, Suvereto, Donoratico, Campiglia Marittima, Bibbona.

Dopo molti anni, nel 2009 siamo tornati in quella zona per un soggiorno invernale, dormendo al villaggio di Riviera degli Etruschi, sito in una magnifica pineta che avevamo percorso nelle nostre passeggiate agostane. Spiaggia deserta, il giorno di Capodanno: dopo la famosa pizza col kebab di Pisa. Poi, nel 2019 in un coast-to-coast da Adriatico a Tirreno, abbiamo rivalutato Piombino, che da Baratti disertavamo e dove solo io, girolona delle Fabbriche, avevo fotografato nella sua parte d’acciaio, detta La Magona. Cominciamo dalla fine e diciamo qualcosa di Piombino, soprattutto dei suoi ristoranti: La Taverna dei Boncompagni e Il Garibaldi Innamorato, consigliabili. Ai tempi delle vacanze a Baratti, cucinavamo in casa, il pesce preso la mattina al Mercato oppure le verdure, in specie le melanzane, che venivano dai campi del nostro casale, Km zero. Solo un paio di volte abbiamo ceduto alla Guida del Gambero Rosso, che promuoveva locali fuori dal coro: non ricordo nulla di speciale, se non il servizio brusco (oltre il lecito) di un certo Biondo e la vista Golfo da Canessa, che resiste a Populonia Scavi. Ai tempi, la Guida allegata al Manifesto era un must e ci si adeguava per fede. Nel 2019 abbiamo pernottato a Venturina, che è stata deludente, perché è molto organizzata rispetto a com’era a fine anni Ottanta e ha perduto il proprio fascino rustico e popolare. Ci abbiamo dormito, ma non abbiamo mai messo piede alle Terme, guardandole dal Bar: non voglio fare demarketing, è una questione privata, della mia memoria sentimentale.

ALLA SCOPERTA DI:

L’ENCLAVE DI BARATTI

Populonia e il Golfo di Baratti, sono invece rimasti com’erano trent’anni fa, scontando qualche necessario rinnovo, rivolto ai visitatori della Rocca. Evidentemente il vincolo archeologico continua a funzionare: la spiaggia ha l’immagine di un quadro novecentesco di Carlo Carrà, con una sola casa, rari umani, tutto tendente all’azzurro verde, con cortina di pini marittimi. Le mie foto in bianco e nero si ritrovano perfettamente in quelle a colori di 30 anni dopo. Un decoro liberty, illuminato dall’orizzonte marino, verso la Villa del Barone.

Com’era Baratti negli anni Ottanta? Alloggiavamo in un casale senza bellezze, grande appartamento, vaste camere da letto, bagni ed arredi spartani: avevo tolto i cassetti ad un comò per usarlo come scrivania. Il bello erano le persiane, che si aprivano sui campi e sul frinire delle cicale. Per me le persiane (al contrario degli scuri veneziani) sono un ingrediente necessario all’estate: chiudono fuori il sole troppo forte e caldo, ma senza togliere del tutto la luce, soprattutto se hanno le parti apribili, quando sono chiuse. La luce estiva che filtra attraverso le doghe e gli spiragli coincide, per me, con l’estate al mare o in campagna: se la campagna prelude al mare, si tocca la perfezione. Così era Baratti: per arrivare agli scogli, dove stavamo ad abbronzarci e da cui ci immergevamo a nuotare, attraversavamo per qualche chilometro campi di girasoli o di melanzane, secondo la rotazione. Il mio disegno di Baratti è emblematico. All’orizzonte dei girasoli, si vede la Villa del Barone in cui risiedeva una qualche erede, proprietaria del tutto, dalla quale affittavamo la casa. Una volta siamo andate fin lassù, Laura ed io, ad omaggiare la nobildonna (o forse a portarle i soldi dell’affitto), la quale ci ricevette in un salone passante, come quelli veneti: il balcone con una trifora neo-rinascimentale era mascherato da tendoni che il vento sceneggiava. Un altro strumento, secondo me, come le persiane che esalta la luminosità dei grandi spazi aperti, fa vedere e nasconde, invita e respinge. C’erano pochi altri villeggianti, nella proprietà della nobildonna: qualche famiglia del centro Italia e qualcuna straniera, che parlava lingue del Nord Europa e viveva soprattutto sugli scogli e la piccola spiaggia sassosa denominata il Pozzino. Nessuno dava fastidio a nessuno, erano vacanze marine molto poco balneari, chiassose o dinamiche. Spesso la mia amica Laura lavorava, cioè studiava e scriveva che è il suo lavoro (appartiene alla Società delle Letterate). Io provavo a disegnare, che non è il mio lavoro, ma soprattutto leggevo e dormivo, stremata dall’atmosfera marina, dai bagni e dal caldo, dalla mia pressione 60-90. Baratti è l’ultima vera vacanza al mare che abbiamo fatto, Stefano ed io, prima di disertarle completamente. Da ragazzina ero una lucertola, studiavo abbronzandomi e quando andavo a fare gli esami in Università nessun professore si capacitava di come facessi ad essere tanto preparata, con il mio colorito africano. Poi si cambia pelle.

La luce estiva che filtra attraverso le doghe e gli spiragli coincide, per me, con l’estate al mare o in campagna: se la campagna prelude al mare, si tocca la perfezione.

APERITIVI SAPIENTI

Quando dalle persiane socchiuse si capiva che il sole stava calando, era l’ora mia e di Stefano per i nostri giroli aperitivi: prendevamo la nostra Seat Ibiza rossa (la prima automobile comperata insieme) e andavamo nei paesetti sulle colline intorno. Il celebre Castagneto, da cui sfioccava il celebre filare di cipressi verso San Guido, di Carducciana memoria; Donoratico, Suvereto, Campiglia Marittima; la splendida Massa Marittima (una rivelazione) col suo Duomo scenografico. Al tempo “fare aperitivo” non era ancora diventata una attività di massa, un must della vita sociale: ma tenete conto che noi venivamo dal Veneto, dove l’ombra è nel genoma. Mi ricordo che quando cercavano di proporci un “prosecco” (che stava cominciando a diventare modaiolo), Stefano si opponeva con garbo e fermezza: “per favore, vorremmo un vino di qui”. Non dico un Sassicaia da 300 euro a bottiglia, ma un buon Rosso Bolgheri o un Vermentino Antinori. Talvolta ci spingevamo fino a Cecina (a nord) e a Piombino (a Sud), ma prediligevamo i paesi minuscoli, più defilati e in sintonia con l’enclave di Baratti. Poi tornavamo a cena a casa, dove a turno qualcuno/a preparava Qualcosa e poi stavamo a tavola, tirando tardi a chiacchiera. Era una vera vacanza, in amicizia, piacevole e rilassante. Mi verrebbe da aggiungere “senza pretese” ma deve essere quello che si pensa di un maglione di cachemire fatto a mano in Tibet, tinto con le erbe dai Monaci: la quintessenza della raffinatezza che sembra tanto semplice.

LA MAGONA D’ITALIA

In una delle estati a Baratti, decisi di andare a fotografare La Magona d’Italia una acciaieria, tra le maggiori d’Europa: era il mio periodo di passione per Porto Marghera e in generale per le Fabbriche, funzionanti o non più. Le stampe fotografiche (che facevo io in casa) non sono all’altezza delle mie pretese, ma sono documenti interessanti e passando il tempo acquistano il sapore d’antan. Mi pare che la Magona sia tuttora in attività, si chiama Liberty Magona, è stata di Arcelor-Mittal e adesso è inglese. Io sono affezionata alle immagini che ho prodotto e, siccome la passione per le aree industriali mi rimane, le riguardo volentieri. Non voglio convincervi, ma se non avete mai visitato un grande compendio manifatturiero spero che vi venga voglia almeno di provare: la Rurh in Germania, Manchester in Inghilterra, Porto Marghera a Venezia, Sella Lab a Biella per non dire delle Carnicerie uruguajane del Girolo: La Banda Oriental

Io in una Fabbrica di Lana sono nata Girolo Lavatoio mon amour 1 e questo è un imprinting.