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MA CAZZAGO È PIANIGA

È sempre risultato strano che Cazzago non sia Dolo: incontrate questa frazione proseguendo, senza soluzione di continuità, dal Borgo Cairoli: luogo talmente centrale di Dolo, da essere sede del Municipio. Invece, ad un bel momento, ecco, siete fuori dal comune in territorio di Pianiga. Subito dopo, dal centro della frazione di Cazzago, prendendo a sinistra la via Cazzaghetto, rientrate in breve nel territorio di Dolo e nella sua frazione di Arino. Succede spesso, nella nostra campagna metropolitana, che i confini dei Comuni siano ritagliati chissà con quale criterio, di qua e di là di un minuscolo argine o canale (artificiale), chissà in quale momento storico e perché. Cazzago è una frazione molto florida, popolata e ricca di negozi e servizi: quasi una sfida incuneata da Pianiga verso il cuore di Dolo. Negli anni Novanta pareva che Cazzago sarebbe stata sede della cosiddetta Veneto City, un bestione terziario costruito ex novo, come polarità attrattiva lungo il famoso Passante di Mestre, il valico del Nordest, che doveva scolmare i dintorni di Venezia da un traffico allucinante. Io ero favorevole a Veneto City se fosse diventata una cittadella delle merci, sede di interscambio e deposito per tutto il bacino Padova-Treviso-Mestre e avesse dato forma alla marmellata edilizia che comunque stava impiastricciando la campagna. Lì dentro avrebbe potuto nascere la quasi-manifattura (dove si assemblano semilavorati importati anche da molto lontano) ed una gamma di servizi sportivi o dello spettacolo, di grande richiamo, capaci di accreditare tutti i paesi intorno, a livello di corridoio transeuropeo. Ai tempi si parlava di finanziamenti UE per il famoso Lisbona-Kiev (l’Ucraina era già nei nostri cuori). La crisi immobiliare del 2008 ha fatto ragione di ogni progetto e sogno e anche dei loro possibili errori: nessuno ha più costruito nulla, molto dell’esistente è rimasto invenduto e inoccupato e la Clausura per Covid, ha fatto il resto. Non tutto il male viene a nuocere: pensate che disastro avere un’arena sportiva o musicale, in mezzo ai campi, impraticabile per due o tre anni!!  Mentre girolo lungo la Provinciale Nord che attraversa Cazzago noto che anche i negozi affacciati su ambo i lati, al piano terra di condomini nuovi o nuovissimi, hanno risentito della clausura. La Chiesa di Cazzago che chiude la piazza è moderna; la lascio sulla destra e giro a sinistra su via Cazzaghetto, verso Arino. Le due case all’incrocio sono tipiche di tutto il Veneto e vecchiotte, come la segnaletica stradale sui muri. Sulla doppia rotonda del quadrivio (esagerata) c’è anche un hotel 3 stelle, con forti pretese di design: si chiama 15.92 nome originalissimo e mi sono sempre domandata chi lo frequenti. Un segnale di quelli “monumentali” (fondo marrone) indica Villa Rizzi ad Albarea, di cui ignoro l’esistenza (vergogna!). Guardando online scopro che si tratta di un hotel, con parco e piscina, di quelli che si propongono per gli eventi. La Villa (che dice di essere la più antica della Riviera!) si presenta gradevole ma non speciale e oggi risulta in gestione ad una società di catering&eventi. Il paesaggio lungo via Cazzaghetto non è strepitoso, ma si diradano di molto le costruzioni e osserviamo qualcosa di molto famigliare, che già conosciamo: siamo immersi nella città diffusa, la metropoli a due piani, misto di villette e capannoni come dice Marco Paolini. Noto che, a differenza della parte Sud del mio comune e anche di Mira e Stra (Giroli: Paluello, Sambruson, Gambarare), la parte Nord ha conservato meno edifici del passato ed è invece segnatissima dall’edilizia residenziale degli anni Sessanta, quando arrivò anche qui il benessere del dopoguerra. Le case erano per una famiglia, massimo due o per i figli quando si sposeranno; le scalette esterne che dividono due appartamenti; le verande e i terrazzini chiusi in un secondo tempo, magari usando l’anodizzato. Scorgo, parallelo alla via Cazzaghetto, il traffico dell’autostrada; tra me e lei ci sono parecchi insediamenti commerciali, che avrebbero costituito il nucleo di Veneto City; mi superano vari mezzi col marchio di Venpa, una ditta importante recentemente decorata dallo street artist Dado (Girolo I doloVe). Il contrasto tra quello che resta della campagna (per esempio gli alberi  capitozzati lungo i fossi, la raccolta delle fascine per il camino) e i segni della contemporaneità è palpabile: il vetro-acciaio, le paraboliche, i furgoncini degli imprenditori veneti alacri IVA.

ALLA SCOPERTA DI:

ARINO

Arrivo ad Arino. Sembra il nome di un dio nordico, Odino, Arino, Ariano. Non si distingue granché da Cazzago frazione di Pianiga, non fosse perché è molto meno popolosa e costruita. La Chiesa senza essere antica è più bella, il solito bianco neo-neoclassico; il campanile assomiglia a tutti gli altri della zona, con la sua base a trapezio di pietre bianche. A Settembre del 2021, un artista di strada, ha affrescato la Casa Parrocchiale: sfondo nero e moltissimi fiori, uccellini, farfalle e il volto di un giovane che legge e sorride. Chissà se in via Torre c’era una Torre? Oggi è una strada asfaltata ma decisamente di campagna: si diparte ad Arino, dalla via Albarea (non è più percorribile con l’auto, perché i cartelli vi mandano verso uno dei tanti nuovi raccordi costruiti per evitare i nuclei abitati), di fronte ad una edicola votiva a forma cilindrica, di garitta. Arriva fino a Dolo, di fianco alla vecchia casa bianca con gli arconi da cui parte uno il Girolo Serraglio del 2020.  È la parte migliore della passeggiata: finite le nuove case di Arino (che hanno i loro parcheggi), mi trovo da sola, in mezzo ai campi. Riparliamo degli arconi. Se stiamo attenti ne vediamo ovunque, di originari e lasciati come stanno, a fare da porticato, alti due piani; oppure rimangono solo al piano terra, ma al piano superiore sono state “avanzate” le stanze e gli archi fanno soltanto da copertura alle finestre o a balconcini sottili. Alcuni sono tuttora utilizzati per riparare le macchine agricole e altri attrezzi; se non ci sono più attività agricole, vengono usati per stendere o ricoverare le piante in vaso, d’inverno. Questi recuperi edilizi appartengono all’era degli arconi, che non sembra esaurita anche se si afferma la tendenza al “cubismo rurale” (Girolo Paluello). Tanti sono gli edifici che rimangono nella campagna metropolitana e che, fortunatamente, vengono sempre più spesso ristrutturata per abitarla. Mi domando quanto delle villette anni Sessanta potrà essere recuperato e quale sarà l’elemento caratteristico, capace di fare tendenza: le scale esterne? I tetti a falde sfalsate? Anche su via Torre sono frequenti gli alberi capitozzati, un segno distintivo del paesaggio rurale veneto. Come dal Serraglio, in alcuni tratti si vede oltre stoppie ed erba, quando gli alberi si diradano, la riga delle montagne innevate, lontane. Via Torre confluisce su via Arino, all’altezza dell’Ospedale di Dolo, poco distante dall’area Mercato e dal Cimitero.

RITORNO AD ARINO 2024

All’alba di Natale 2023, ore 1:06, un grazioso ventenne non ha rispettato lo stop, all’incrocio tra la SR11 e la via per Mira Porte: ci ha accartocciato il muso della ‘500 e per fortuna siamo illesi. Destino vuole che l’Autofficina sia ad Arino e mi tocca ripercorrere la via Cazzaghetto, a piedi, per le varie pratiche assicurative. Non posso che tornare ai miei Giroli di Clausura e verificare se ci siano grandi trasformazioni; devo fare di necessità virtù, senza deprimermi per avere l’auto accartocciata, chissà per quanto. Per fortuna dopo le piogge delle “feste natalizie”, è tornato un inverno freddo, secco e sereno: un pretesto vale l’altro per fare giroli fuori porta. Già: riflettendo è stata proprio la clausura forzata del Covid a dare origine alla Girolona, cioè ai racconti di giroli. Non tutto il male viene per nuocere, l’ho detto. Giroli fuori porta, nei territori consentiti (il Comune, la Regione, i luoghi di seconda casa, cioè il Biellese). E poi Giroli rifatti a casa, con le foto dei viaggi lontani e passati: viaggiare stando fermi. Niente di nuovo quindi: adesso il limite è non avere l’auto, ma il metodo girolona è efficace anche per questo e poi, siamo pur sempre ad un tiro di bus da Venezia (Venezia Bianca) o Padova (Giroli Padova 2022). Attenendomi ad Arino: nulla di nuovo da segnalare.