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ANTONELLI, QUELLO DELLA MOLE

La Girolona non ha regole e cede volentieri al caso. Caso vuole che il fiume Sesia si sia ingrossato straordinariamente ad inizio Ottobre 2020 e abbia travolto il ponte tra Romagnano e Gattinara: uno dei miei passaggi obbligati tra Taino-Gattico e Biella. Colgo così l’occasione di ripercorrere un itinerario già sperimentato ma sempre di fretta. Lascio Borgomanero, devio per Cureggio (sito del Battistero) dove tra l’altro ha sede Illustracarte, che è il mio supporto editoriale. Da lì mi immergo totalmente nelle Baragge -la savana d’Europa- e seguo i paesi d’Agogna, un torrente, come il Sizzano, che diventa fiume soltanto dopo Novara (poi va a confluire nel Po). Ho già detto che le strade baraggive sono dei lunghissimi rettifili, tagliano praterie ruvide, stese ai piedi del Padre Ros. Incontro un cartello turistico che segnala una corte benedettina dei Santi Fabiano e Sebastiano; seguo la deviazione e mi trovo fuori da quella che sembra una casa castello (senza torri). Faccio a piedi il giro del paese ma non trovo modo di entrare, né altro di pregevole. Uscendo per tornare verso la Sesia, si profila una chiesa dalla massa insolita, prendo una seconda deviazione e mi trovo in Piazza Cacciana, sempre a Fontaneto d’Agogna, da cui si accede al Cimitero. La Chiesa strana è la Parrocchiale dell’Assunta di fine ‘400, sicuramente rimaneggiata, né bella né brutta. Quello che la distingue è un corpo aggiunto di forma circolare, piuttosto grande. Dall’interno sembra una cappella, a forma di pantheon, né bella né brutta. Poi, solo leggendo una Guida (!!), scopro che si tratta di uno scurolo, dedicato alle spoglie di Sant’Alessandro, recuperate in Oriente. Il progettista è l’Ingegner Antonelli: quello della Mole torinese (oggi Museo del Cinema) ma anche della cupola di San Gaudenzio a Novara. Nato a Ghemme a fine Settecento, lavora tra Vercelli e Novara, prima di approdare alla capitale sabauda. Il mio primo incontro con lui (tralasciando la Mole di Torino), avvenne a Maggiora: paese sulle colline tra Romagnano e Borgomanero. Non solo c’è una Villa Antonelli, in cui la sua Famiglia natale viveva, ma c’è la sua estrema dimora, al Cimitero della Chiesa Madre. Nella quale, per la prima volta nella mia vita di architetto, incontrai uno scurolo: quello di San Agapito. E chi è il progettista, se non il nostro Antonelli?!! Quindi, dalla cupola di San Gaudenzio a Novara (non bella ma interessante), fino a questi scuroli disseminati per le Colline, la sua anima dimora sotto il Monte Ros, figura gigante (Girolo Sfumature di Rosa). Ed è proprio su un altro versante del Rosa, quello canavese, che mi incontro di nuovo, senza volerlo, con l’Ingegnere. Ma prima, parliamo dello scurolo.

ALLA SCOPERTA DI:

La Girolona non ha regole e cede volentieri al caso. 

COS’È UNO SCUROLO?

Voglio rendervi meno ignoranti di me e dirvi cosa sia uno scurolo. Trattasi di apposito locale destinato ad accogliere -degnamente- le reliquie di un Santo o una Santa. Una cappella, si potrebbe dire, e se fosse ipogea si direbbe cripta. Ma scurolo suona molto più originale e locale: è una parola dialettale lombarda che sta per reliquario. Giustamente scuro, per non disturbare l’eterno riposo di chi era morto malamente, magari torturato, dopo aver santamente vissuto. Che poi, Antonelli, si sia specializzato in scuroli (anche quello nella Chiesa di Ghemme, dove riposa la Beata Panacea, pastorella valsesiana uccisa da una perfida matrigna) è un dettaglio che arricchisce la figura di questo eclettico novarese.

NESPOLO, POMODORO E ANTONELLI

Stavo tornando per la Valle dell’Orco, dopo essere stata al Santuario della Vergine di Belmonte (Girolo Belmonte). Decido di mangiare un panino a Castellamonte, di cui non so nulla, ma lo spirito guida della Girolona è all’opera. Parcheggio in una brutta piazza, vicino ad un brutto monumento, di cui non mi occupo. Solo tornata a casa, scoprirò che si tratta della “famosa” Stufa di Ugo Nespolo, artista del Novecento torinese: Castellamonte è famosa per le sue stufe di ceramica e vi si svolge una Biennale. Amen. Cammino per il paese e pranzo. Decido di andarmene e di cancellare Castellamonte dal mio archivio di viaggio, nonostante il tomino alla piastra fosse buono e gli zucchini eccellenti. Sono già in auto, quando, attraversando una seconda piazza non bella, vengo colpita da un secondo monumento non bello. Si tratta di un Arco di Pomodoro, Arnaldo, altro artista del Novecento italiano, famoso per le sue sfere e mezze sfere di metallo, ai quattro canti del Mondo (Girolo Dublino). Questo arco, in onore alle ceramiche di Castellamonte, è fatto di piastrelle di cotto, con decori in altorilievo. Rifletto sulla coincidenza bizzarra di due monumenti contemporanei, in un piccolo centro di provincia: mi sento anche un po’ cattiva, a sminuire così Castellamonte, forse non so apprezzare. Vado alle sacre scritture del TCI, le Guide Rosse e leggo: bella vista sul Canavese dalla collina sovrastante, sempre viva l’arte della ceramica. Queste righe laconiche mi fanno sentire meno ingiusta. Ma, ecco che seguono 6 righe dedicate al mio personaggio, l’Ingegnere della Mole e alle cosiddette Mura Antonelliane, proprio di fronte all’Arco di Pomodoro. Se ci astraiamo un attimo, Castellamonte potrebbe essere un sito archeologico romano: Mura dell’Imperatore Alessandro e Arco di Trionfo del Generale Licino Pomodoro (sto inventando). Invece è tutto moderno e contemporaneo. Le Mura di Antonelli, 1842, sono due semicerchi di mattoni e sassi, decorati da archi a tutto tondo e da nicchie con statue fittili. Cosa diavolo voleva fare, Alessandro, qui a Castellamonte?! L’incompiuta, ci spiega il TCI è l’avvio di una Basilica dei SS. Pietro e Paolo, con le dimensioni  di quella Vaticana. Acci!! Per mancanza di fondi, l’opera ambiziosa si fermò ai semicerchi esterni, che oggi rendono lo spazio racchiuso adatto per eventi. Questa incompiuta di Antonelli, mi rimanda ad una delle prime opere dell’Ingegnere, il Santuario di Boca, non lontano da Maggiora: una facciata che quando la incontrai, per la prima volta, quasi mi mandò fuori strada per l’impatto visivo, inquietante (non bella è un eufemismo).

SEBASTIANO VASSALLI

Torniamo nelle baragge novaresi, terre native dell’Ingegner Antonelli. Lasciata l’Agogna per passare la Sesia a Carpignano e andare verso il Biellese, mi trovo in pieno nella regione che Sebastiano Vassalli individua come Campi Raudi, nel suo romanzo Terre Selvagge (girolo Campi Raudi). Vassalli, benché nato in Liguria, è sempre vissuto a Novara, in una Cascina Maranga verso Biandrate, ed essendo un narratore di storie di grande talento, ha preso spunto da queste lande baraggive e dalle Colline Novaresi, anche per il romanzo Cuore di Pietra, un affresco attraverso i secoli di quella che lui chiama  la città di fronte alle montagne, cioè Novara. Nel libro non si parla molto di Antonelli, se non per la lentissima costruzione della cupola di San Gaudenzio e a me dispiace che Vassalli non mi abbia illuminata sugli scuroli. Non oso pensare come avrebbe raccontato, lui, la storia della Beata Panacea, finita nello scurolo di Ghemme. Nel romanzo di Vassalli La Chimera, la storia della strega di Zardino viene romanzata magistralmente: Vassalli affresca l’epoca e i personaggi in modo indimenticabile, inclusa la faccenda delle Reliquie acquisite in Oriente, per rinfocolare la Fede. Riprendo a guidare attraverso le Baragge, passo Carpignano Sesia: dove il ponte esiste ancora e il fiume sembra placido, nel proprio letto, tra ghiaie e cespugli. Ma a guardare bene ci sono molti tronchi ed interi alberi sradicati a monte, trascinati dalla piena. È sempre così, dopo i disastri dell’acqua: c’è il sole, tutto tranquillo e pacifico, al proprio posto, irridente idillio che ignora la violenza. Passo Rovasenda, coi suoi due castelli (uno, sicuramente fintarello). Risalgo verso Brusnengo, Basneng il paese del Mesolone, (Girolo Beltane e Mesolone). Dopo Masserano e Cossato finalmente, arrivo a Biella. È un giro lungo, ma mi ha regalato tante scoperte e la Baraggia, savana d’Europa, mi richiama sempre l’orizzonte da cowboys, praterie dorate e fondali di montagne. Mi pare che Vassalli lo scriva, quasi così: i Campi Raudi erano il West dei Romani. Ci sta. Novara ricorre nei miei Giroli, tappa talvolta involontaria (perdo il treno) sul mio Biolo, tragitto Biella-Dolo e viceversa (Girolo Milano 2).