ANIME DI PARMA (3)
FMR EDITORE
Esagero: invece di prendere un libro o due, prendo un Editore. Franco Maria Ricci, FMR, è stato un editore atipico, un collezionista d’arte, un promotore culturale e ha lasciato vicino a Fontanellato un Sito particolare: si chiama Il Labirinto, ma è anche una galleria privata (con 500 pezzi), una biblioteca editoriale, un compendio di spazi per eventi, ristoro, studio francomariaricci.com. Se seguite le indicazioni Labirinto trovate tutto questo. In mezzo ai campi di grano e papaveri (a maggio), spunta una specie di falansterio, edifici bassi intorno a cortili, con una piccola piramide, tutto in mattoni a vista, costruito l’altro ieri. Adiacente c’è una “costruzione arborea”, con 9 specie di papiri, appositamente piantati, cresciuti e foggiati per costruire un labirinto, secondo le teorie classiche. Si pagano 18 euro (un po’ troppo) e si accede ad esterno ed interni (non tutti): ci si perde per finta tra i papiri, silenziosi e freschi, nonostante le temperature esagerate e il chiacchiericcio dei visitatori (che funziona da orientamento). Uscendo si può visitare la Collezione, Quello che Piaceva a Lui visto che era sua: un melì melò, dalle statue di cera a quelle di legno, dal Cinquecento al Futurismo, dal mobile al soprammobile. Io ho apprezzato molto le statuette Art Déco, molto meno i radar Futuristi, ma ognuno sceglierà a suo gusto. Poi ci sono volumi e volumi e volumi, tra cui tutti quelli dell’Editore: riviste di Stile, la Biblioteca della Fenice curata da Borges, Erbari, Guide di Città e Palazzi patinatissime. Una visita piacevole, curiosa, si può fare. Non tralasciate il cuore di Fontanellato, la Rocca (col Parmigianino), il Borgo, la Chiesa. Più tradizionale ma non meno meritevole. Dalla pianura, conviene avventurarsi, salendo di quota, lungo le Valli dei tre Torrenti, Parma, Baganza ed Enza: il clima migliora, il panorama di più. Un’icona che spiega queste terre, fuori Parma, è il Castello di Torrechiara, che guarda il Torrente e viceversa.
ALLA SCOPERTA DI:
ANDARE A CANOSSA
La naturalità che vi ho fatto adocchiare sul Torrente Parma, esplode, uscendo dalla città, verso le colline: nello specifico verso Canossa, ben nota per via di Matilde. Uno si aspetta che lì ci sia la rocca della regina (o era imperatrice??) e invece solo ruderi; i Castelli migliori del parmense sono a Torrechiara, Fontanellato, Bardi e Montechiarugolo. Ma è andando a Canossa che mi sono immersa in colline magnifiche, che mi hanno ricordato l’interno della Spagna, certe parti della Basilicata, Andorra. Ho guidato per chilometri, ad inizio Estate del 2018, tra cascinali isolati, pezze di terra color grano, grandi rulli di mietitura, terre nere rilavorate, prati di foraggio: tutto morbido, tutto ondulato, senza stonature, senza ingombri. Proprio bello, bello. Mi sono fermata in un Bar che poteva essere luogo di ritrovo dei bikers (come il Bar del Toro di Masserano, Girolo Beltane e Mesolone): manifesti, birre, pubblicità dei tatuaggi, barista tatuata. Mi sono immaginata Federico IV che con il suo chopper andava a Canossa, da Matilde, essendosi fatto tatuare il Papa sul petto, per massima obbedienza.
COLLINE E CASTELLI
Mi hanno fatto notare che Canossa è sui colli Reggiani! Per espiare, ho girolato lungo la Valle del Parma fino a Tizzano Val Parma e a Schia, sotto il Monte Caio: mano mano che si sale, lasciati rulli di fieno e campi spolverati di papaveri a perdita d’occhio, iniziano i gruppi di ginestre, gialle come i maggiociondoli che piovono lungo la strada. Poi i dolci colli, tappezzati di gialli, bruni e verdi diversi, cedono ad un verde più aspro, fitto e incolto. La strada è bellissima (non di fondo!), sale e serpeggia e offre un effetto molto suggestivo: ad ogni scollinamento si aprono scorci diversi, si lascia un angolo ottuso e se ne apre un altro, diverso; alcuni sono aperti, altri si chiudono dentro bosco fitto, quasi buio. Chi sospetterebbe questa bellezza a pochi chilometri dalle autostrade padane. Mi viene sempre in mente la definizione di Paolo Rumiz nel suo girolo sugli Appennini, i Monti Naviganti: in certi momenti è proprio così, sono azzurrognoli, coi contorni smarriti, come se galleggiassero sulla pianura, cercando il riparo dei calanchi boscosi, delle colline e poi montagne. Bello e (le prime volte) inatteso. Se, invece, seguo la Valle della Baganza, più o meno stessa sequenza, arrivo fino a Berceto: nucleo grazioso, minuscolo, con una Chiesa che forse era bella: mangio una piadina integrale dalla ostessa più gentile che ho mai incontrato. Una sera andiamo a cena sull’Enza, traversando Montechiarugolo, Castello bellissimo in parte diruto e Traversetolo sede della Fondazione Magnani Rocca (mecenati). I nomi dei paesi che attraverso richiamano tutte specialità gastronomiche: Felino (salame), Langhirano (prosciutto), Zibello (Culatello). Poi, vabbè, c’è anche Busseto che evoca Verdi, e le anime di Parma si riuniscono in coorte: genuina la tavola, trascinante la musica, possiamo stappare un Lambrusco.
FIDENZA
È solo nel 2021 che sono andata da Parma a Fidenza, il giorno di una spettacolare grandinata che ha bloccato la Via Emilia per ore e ho visto pezzi di terrazze schiantarsi a terra. Arrivando nella Piazza di San Donnino, ho ritrovato la medesima atmosfera parmense: il Duomo è lì, bello e solitario, in una piazzetta quieta che sembra non aver mai sofferto per troppi visitatori. La chiesa merita, invece, ogni attenzione: gli animali leonini del protiro centrale sono più belli di quelli di Parma e la facciata, che non è stata finita (rimane di mattoni, come i fianchi), ha delle bellissime decorazioni di Maestri antèlami (o forse addirittura precedenti). Quello che a Fidenza mi colpisce, ancor più che a Parma, è la noncuranza con cui le città Emiliane propongono i propri gioielli: abituata alle mille luci turistiche dei luoghi famosissimi (Venezia, Pisa, Assisi) vado in pari con questa sobrietà padana, un passo indietro nel carosello dei monumenti. Mi domando se sono opere più difficili da capire, il Medioevo è stato lungamente sotto stimato e Giotto considerato “brutto” (giuro): sono scotti culturali che ancora pesano? Forse, le città della Pianura, hanno investito in attività diverse dal turismo e si sono tenute per sé i gioielli di famiglia. Il meccanismo è fatale: più gente viene più diventi una cosa da vedere, non dico a prescindere dal valore, ma le misure non sempre sono coerenti. Una cosa diventa più bella, se tutti la vogliono vedere: non è automatico, ma un fondo di vero c’è. Ne risente persino il TCI, che ha ogni merito e ogni serietà: Fidenza non ha stelle, una solo per il suo Duomo (ci mancherebbe); la stella la troviamo invece a Salsomaggiore, per via delle acque salsobromoiodiche e della struttura alberghiera imponente. Ma il vero monumento del luogo, Le Terme Berzieri, non ha stellina mentre, a mio parere, sono uno dei monumenti Liberty più belli d’Europa. Capisco la logica del TCI, ma non mi adeguo.
SALSOMAGGIORE
Data la mia passione per il Liberty, mi sono sentita in colpa di essere venuta a Salsomaggiore soltanto a 66 anni. Le Terme Berzieri, purtroppo, sono chiuse e non se ne può visitare il magnifico interno. Mi auguro che l’affidamento da Cassa Depositi e Prestiti al gruppo Quadrio Curzio (2021), le faccia riaprire più belle che pria. L’esterno è davvero fantastico: decorazioni da manuale, piastrelle, intarsi, ferri battuti, tutto il repertorio del Liberty, colori, lucentezze, geometrie, richiami orientali. Un vero godimento fare fotografie dei particolari. Molto interessante, anche, la Galleria Warowland (poi abitazione di Alberta della Rosa Prati), in stile Eclettico neogotico, che completa l’ambiente di una Stazione Termale inizio Novecento. Il centro di Salso è grazioso, salvato dal vecchio impianto urbanistico, raccolto, con qualche dettaglio Déco: prima che l’espansione turistica schizzasse alberghi, pensioni e case di appartamenti all’intorno, come una pompa sfuggita di mano Adiacente alle Terme Berzieri resiste un Istituto Chimico, con tanto di laboratori e ciminiera: gli edifici sono art Déco, piuttosto malmessi. Mi chiedo se Salso non potrebbe essere un luogo di residenza permanente, in virtù delle nuove professioni “a distanza”: un quartiere ameno per Parma, Piacenza e la Via Emilia. Anche perché, attorno a Parma, le colline di questa parte di Padania sono insospettabilmente gradevoli: abbiamo il mito delle colline tosco-umbre, del Monferrato o dell’Asolano e non ci aspettiamo che ai lati della valle del Po, il paesaggio sia così garbatamente mosso e colorato. Un’anima di Parma che mi ha sorpresa.
COLORNO
Chiudo questi tre Giroli Parmensi (onore a Parma: solo Madagascar e Grecia ne hanno avuti 4; Biella e Venezia non contano perché ci vivo) tornando in piena pianura, alla Reggia di Colorno. Fin dal 1990 ci abbiamo fatto tappa, perché siamo cresciuti con degli abbinamenti automatici: Parma e Colorno; Roma e Tivoli; Mantova e Sabbioneta, Torino e La Venaria. Non credo che abbiamo affrontato la visita degli interni: né io né Stefano amiamo molto queste lunghe navigazioni per stanze e stanze e stanze, più o meno affrescate e arredate, magari con mobilio trasferito da chissà dove. Abituata, si fa per dire, ai palazzi Veneziani e alle Ville Palladiane, ci vuole qualcosa di forte per attrarmi. Non ce l’hanno fatta né Versailles, né l’Escorial, né Caserta. Colorno da fuori merita il Girolo: imponente, ben conservata, con un parco assai gradevole. Poi ciascuno secondo il proprio gusto si scatenerà con i Castelli visitabili, con le Regge Padane e anche con la Certosa di Parma, se vuole incorrere in un altro libro celeberrimo, di Stendhal. Confesso che ho letto un libro su Maria Luigia, di Luca Goldoni: è una cronaca giornalistica (con troppi riferimenti ad oggi!), che può dare un’idea sul personaggio. Scrittore e Duchessa, secondo me, non arrivano alla sufficienza, ma sono troppo severa.
Maria Luigia più che mai en beauté
vestito rigorosamente francese,
come i suoi busti, i suoi profumi, le sue medicine
LUCA GOLDONI 1991