ANIME DI PARMA (1)
OLTRETORRENTE
A Parma andremo più volte, perché lì abita il Maestro di Scacchi di famiglia (Giroli Andorra e Riga), ci vive dal 2017. Nel mio Viaggio in Italia, le prime foto in bianco e nero di Parma sono degli anni Ottanta, quando ancora il Maestro era bambino a Venezia. Sono due o tre, emblematiche: le porte del Duomo, una bicicletta, una forma di Benedetto Antelami, il negozio di Camattini (ora Tencati), le linee elettrificate dei tram. In un girolo del 2011, il Maestro ci fece scoprire l’Oltretorrente: lasciata Piazza Ghiaia e passato il Ponte di Mezzo, dopo la statua a Corridoni e la Chiesa dell’Annunziata, si percorre Strada d’Azeglio, con le sue laterali coloratissime. Su questa parte di città, va letto il romanzo di Pino Cacucci sull’antifascismo della prima ora (1922). Così avete una prima idea del composto locale: Antelami e Correggio, col Parmigianino; i Farnese papalini, Maria Luigia e Verdi; infine i resistenti di Oltretorrente, Picelli contro Italo Balbo. Ma girolando, oltre a riconoscere questa coorte di anime parmensi, ne ho scoperte alcune altre, meno famose: il torrente Parma popolato di animali, le palazzine Liberty, i bar degli studenti con i panini al pesto di cavallo.
[…] quelli dell’Oltretorrente non avrebbero rinunciato al loggione neanche se significava stare senza mangiare per giorni.
PINO CACUCCI OLTRETORRENTE, 2003
ALLA SCOPERTA DI:
ANTELAMI E CORREGGIO
La coppia di monumenti più famosa di Parma, è posata in Piazza Duomo: la cattedrale dedicata all’Assunta, che Correggio manda in Cielo attraverso la cupola, in più gironi di nuvole ed angeli; il meraviglioso Battistero dell’Antelami, Maestro arrivato dalla Valle d’Intelvi in Lombardia (intelvi=antèlami). Sono i due artisti emblema di Parma, ci perdonerà Parmigianino, che si è sfogato alla Steccata. Nel 2011, da turista, sono entrata nel Battistero, luogo dove si può tornare ogni volta, per l’emozione che riserva. Infatti, le foto le ho rifatte nel 2022. Si direbbe che sia persino TROPPO, secondo nella mia esperienza a quello di Siena. L’interno del Duomo riesce a competere, senza vincere: nonostante la stupefacente Deposizione dalla croce di Antelami, che da sola motiverebbe un pellegrinaggio a Parma. Quanto all’Assunta di Correggio mi nascondo dietro una descrizione data da una Guida francese 1864: dipinto illeggibile, che i contemporanei paragonano ad un “guazzetto-di rane”, per via di tutte le gambe e braccia nude, che si agitano tra gironi di nubi, e sostengono l’ascesa al cielo di Maria. Definire guazzetto il Correggio è proprio da francesi che se la tirano: magari piccati per aver ceduto la primazia goduta a Parma per lungo tempo. Condivido, però, che ci siano troppe lodi al ciclo Rinascimentale, rischiando di sottovalutare tre Cappelline del Quattrocento (Valeri, Rusconi e Ravacaldi) tutte affrescate, che le Guide lasciano in ombra. E fanno male, perché se i frescanti sono sconosciuti (Bartolino de’ Grossi, chi era costui?) il complesso è mirabile e può contentare chi non riesce ad essere conquistato dai corpi corposi del tardo Cinquecento. Nelle Sagrestie ci sono splendidi dossali intagliati. Un interno che appaga, ma se devo essere sincera la vera magia della coppia Duomo-Battistero è all’esterno, nella piccola Piazza, MAI affollata, spesso vuota, non fosse per qualche bicicletta che passa o si ferma: come a dire che questo luogo è dei parmensi, amen. In primavera l’ho vista anche con l’erba (che sbuca dalla pavimentazione opus incerta): ancora più speciale. Tra Duomo e Battistero, si intravede una seconda piazza e una facciata di chiesa Barocca, molto suggestiva: San Giovanni, che ha bei chiostri e un’antica Farmacia.
I TEATRI PARMENSI
Un secondo must di Parma, icona imperdibile, è il Teatro Farnese, che si visita insieme alla Galleria Nazionale di Parma, dentro l’immenso complesso della Pilotta: le pertinenze di servizio del grande Palazzo Ducale, che invece sta nel Parco oltretorrente. Non ho fotografie del Teatro Farnese, ne trovate online, a iosa. È come entrare in un modellino di legno, a scala 1:1: un luogo impossibile, una creazione perfetta, sotto ogni profilo: dimensione, proporzioni, risonanze, decori. Un’esperienza DA FARE. E, mi sento in obbligo di notare che è una ricostruzione degli anni ‘50, perché la WWII nel 1944 ne ha determinato il bombardamento e la perdita totale. È uno di quei casi in cui, il “finto” ci consente l’emozione vera (pur con i dettagli perduti) e la percezione del capolavoro che nessun disegno o fotografia ci darebbero. Alla fine, anche nel XVI secolo, il teatro originale era una “scenografia d’occasione”, posizionata in una sala d’armi per un evento. A me, il caso Farnese, fa riflettere molto sulle ricostruzioni e sulle costruzioni occasionali. Nel 2019 ho deciso che dovevo vedere anche l’altro famoso Teatro di Parma, il tempio della lirica padana, il Regio. Volevo andare a sentirci Galliano che celebrava Verdi, ma l’hanno sospeso e così ho dovuto accontentarmi di un classicissimo Barbiere di Siviglia. Il Regio l’ho anche fotografato, ma insomma. Il Barbiere di Siviglia mi ha appena appena annoiata: credo che per gli analfabeti come me, solo grandi magie come Il Flauto magico o la Turandot, diventino trascinanti, speravo che Rossini mi avrebbe divertita (invece no). Mi assolvo pensando che forse la mia replica non era quella con i cantanti d’eccellenza (era una matinée) o forse l’allestimento non era speciale. Ricordo di essermi commossa con diverse chiamate in scena, alla Fenice (1987): quando anche un ignorante-del-tutto sente che sta cantando un portento: in quel caso era Samuel Ramey, nell’aria “Oltre quel limite”, Attila di Verdi.
SPONGATA E MACARONS
C’è una tavolozza comune, tra diverse città dell’Emilia: gran parte dei loro edifici è in laterizio, dunque color biscotto. Se guardate una fotografia presa dal cielo o dalle alte torri (Bologna) o dalle balaustre dei tetti (come la Steccata di Parma), l’impressione è di una gigantesca torta spongata, pasta frolla e frutta secca. Ma. Camminando per le lunghe strade rettilinee delle stesse città (il loro Decumano che coincide spesso con la Via Aemilia dei romani), parte della scacchiera (!!) di originario impianto o percorsi che costeggiano rive e darsene (come a Ferrara), ecco che siete in una scatola di Macarons, colorati fino all’esagerazione. La Parma non monumentale è tutta così (in centro): file di facciate, con poche o nessuna pretesa, ma tutte accuratamente tinteggiate di colori squillanti, sfacciate… Verde ghiaccio, verde pistacchio, azzurro puffo, giallo curcuma, giallo chiaro d’ovo, beige torrone, rosso alchermes, rosso vignola, marrone cacao e persino violetto (via della Salute, Borgo Naviglio, Borgo Tanzi eccetera). Non sono del tutto convinta che mi piaccia questa pasticceria edilizia ma è la soluzione urbana che hanno scelto, col Piano del Colore, in base a qualche filologia storica o perché fa allegria e incontra il gusto dei residenti. Talvolta ci sono dei pregevoli trompe l’oeil, che rimandano a Correggio e Parmigianino, giusto per fedeltà al Rinascimento quasi Barocco.
VIOLA E GELSOMINO
Non amo il profumo delle violette, che mi stordisce, ma come non citare il Profumo di Maria Luigia, la Violetta di Parma. Nel girolo del 2019 ho passato qualche ora nell’Orto Botanico, annesso all’Istituto che porta il nome della Duchessa: luogo d’antan solitario e garbato dove troverete più parmensi che turisti. Se voleste sapere tutto su Maria Luigia, c’è il Museo Glauco Lombardi, che ne racconta la Storia. Il profumo dominante, nel maggio 2022, è quello del gelsomino, che pare un Piano dei Profumi, per balconi, terrazzi e giardini urbani: in piena fioritura ovunque, cade come un liquido sulle pareti di edifici modernissimi (in Borgo Tanzi) o dagli arabeschi di ferro delle cancellate Novecento, in Viale Rimembranze. Ah, a Parma si mangia benissimo: e chi ne sa, vi sciorina una serie di locali (come le Sorelle Picchi I Corrieri e l’Antica Cereria, l’Enoteca Fontana), dove “dovete assolutamente andare”. Noi, a Parma, andiamo da Beppe, Oltretorrente, che ha come specialità i risotti, favolosi, e quello con l’ossobuco sopra tutti. Il Locale non lo notate nemmeno se ci passate davanti: fa di tutto per non diventare trendy, anche se online lo definiscono (giustamente) a talented chef. C’è una Latteria 65 in Strada d’Azeglio: fa panini col pesto di cavallo, fantastici, che possono competere col famosissimo Pepen, in centro. Andiamo anche fuori Parma (appena appena) da Vigolante, specializzato nel Savarin di riso, avvolto nel prosciutto di Parma. Snobbo le lussuose Salumerie e acquisto al Conad di Piazza Ghiaia, che ha una gastronomia e un reparto local gratificante. La Parma dei negozi è molto fornita e anche un po’ snob, come se dovesse ancora fornire Maria Luigia: abbigliamento, gioielli, casalinghi, stoffe e tessuti, libri, dischi, persino prodotti per le Pulizie (in via Basinio Basini è cessato il mio prediletto, Chiari!) e alimentari DOC.
IL TORRENTE PARMA
Due volte in pochi anni, mi è capitato di stupirmi per la bellezza del Torrente Parma, tra i due Ponti Di Mezzo e Caprazucca. Nel 2018 mi sono trovata a fotografare una infiorescenza di piante acquatiche strepitosa che costituiva, tra lame di acqua scarse, larghe plaghe di un verde tenerissimo, bello a vedersi, su questo sfondo, svolazzavano eleganti gli aironi (penso fossero aironi), allargando poco o del tutto ampie ali piumate e mettendo in risalto le loro zampette nere e arancioni: sembrava fossero orchestrati da un regista del Regio, per animare il Torrente. Nel 2021, effetto di alterazioni del sistema ambientale, ho fotografato i daini che brucavano le plaghe d’erba, appena stupiti.